Niente sanzioni fiscali a motivo della crisi economica quale “causa di forza maggiore”
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Introduzione
Le sanzioni tributarie, notoriamente molto penalizzanti, colpiscono non solamente i mancati (o ritardati) pagamenti ma anche tutte quelle operazioni considerate irregolari od intempestive rispetto alla pletora degli adempimenti fiscali.
Mai come in questa fase storica è utile analizzare la percorribilità della non punibilità dell’inadempimento ad obblighi tributari, in particolare agli obblighi di versamento, per cause di forza maggiore.
Premessa
L’ordinamento tributario italiano annovera norme deliberate nello scorso millennio, ed ancora in vigore, che possono essere annoverate come disciplina di buon senso per la regolamentazione dei rapporti tra Stato e cittadini.
L’antesignano della normativa relativa alle sanzioni tributarie è la Legge 7/1/1929 n. 4 “Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie” (promulgata da “Vittorio Emanuele III, per grazia di Dio e per volontà della Nazione, Re d’Italia”).
A tale normativa è subentrato il Decreto Legislativo n. 472 del 1997 il cui titolo è “Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie”.
All’interno di questo corpus, all’Art. 6, comma 5, si trova la causa di non punibilità per chi ha commesso l’illecito per forza maggiore.
Flash back
Carattere della sanzione
La sanzione si articola in “pecuniaria”, consistente nel pagamento di una somma di denaro, e -quando prevista specificamente- accessoria, quali l’interdizione da cariche, dalla partecipazione a gare, al conseguimento di licenze e concessioni, la sospensione da attività lavorative.
I presupposti per la determinazione ed ingiunzione delle sanzioni
Sin dalla sua prima istituzione1L’art. 4 della Legge 7/1/1929 n. 4 prevedeva che, nella determinazione di un limite massimo e minimo delle pene pecuniarie, “… si ha riguardo alla gravità della violazione e alla personalità di chi l’ha commessa.” Ed ancora che “La personalità del trasgressore è desunta dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla sua condotta. La legge stabilisce il limite minimo e massimo entro il quale la pena pecuniaria può essere applicata.”, la sanzione tributaria assume criteri “penalistici” per graduare la penalità (ordinaria, ridotta, maggiorata) sulla base della personalità ed intenzionalità dell’autore: l’attuale Art. 7, comma 1, del D.Lgs. 472/1997, prevede che per la determinazione della sanzione deve essere considerata la gravità della condotta, desunta dal comportamento dell’autore, dall’opera da lui svolta per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze della medesima, dai precedenti fiscali, dalla sua personalità e dalle condizioni economiche e sociali2L’atto di contestazione o di accertamento con cui non viene motivata la ragione per cui si è ritenuto di irrogare la sanzione in misura superiore a quella minima (a maggior ragione se si tratta di quella massima) è nullo..
Per il vero il concetto di “forza maggiore” disciplinato dall’ordinamento sanzionatorio amministrativo per le violazioni tributarie potrebbe essere attualmente essere accostato alla norma:
- a) penale, stabilito dall’ 45 del codice penale, secondo il quale “Non è punibile chi ha commesso il fatto … per forza maggiore.”
- b) civilistica, concernente l’irrilevanza dell’inadempimento dell’obbligazione, attingendo dall’ 1218 del Codice Civile, secondo il quale il debitore è esonerato da responsabilità se prova che “l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Responsabili della sanzione amministrativa
Fino a prova contraria, si presume autore della violazione chi ha sottoscritto ovvero compiuto gli atti “illegittimi”.
Oltre al contribuente, è responsabile della sanzione amministrativa anche:
- il dipendente od il rappresentante legale o negoziale di una persona fisica nell’adempimento del suo ufficio o del suo mandato;
- il dipendente od il rappresentante o l’amministratore, anche di fatto, di società, associazioni od enti, con o senza personalità giuridica, nell’esercizio delle sue funzioni o incombenze;
- la persona fisica, la società, l’associazione o l’ente nell’interesse dei quali ha agito l’autore della violazione
e sono obbligati solidalmente al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso.
Se la violazione non è commessa con dolo o colpa grave, la sanzione, determinata anche in esito all’applicazione delle previsioni degli Articoli 7, comma 3, e 12, non può essere eseguita nei confronti dell’autore, che non ne abbia tratto diretto vantaggio, in somma eccedente euro 50.000 e salva, per l’intero, la responsabilità prevista a carico della persona fisica, della società, dell’associazione o dell’ente.
La “causa di forza maggiore” quale elemento per la non punibilità
Non sussistendo, sia in campo del diritto civile, così come in quello penale, una definizione di “causa maggiore”, occorre percorrere quanto i giudici non territoriali (non l’Agenzia delle entrate, essendo parte in causa), nei vari gradi, magari attingendo da quelli Ue, hanno via via stabilito in relazione a fatti concreti posti al loro vaglio.
Corte di Giustizia Ue in materia tributaria.
In particolare, secondo gli insegnamenti forniti da una pronuncia fondamentale del 18/12/2007, causa C-314/06, affinché sussista un’ipotesi di forza maggiore, occorre la presenza di:
- a) un “elemento oggettivo”, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore (e lo stato di emergenza da coronavirus integra la fattispecie), e di
- b) un “elemento soggettivo”, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate e senza incorrere in sacrifici eccessivi.
Inoltre, secondo la Corte Ue, il riconoscimento della forza maggiore non deve avvenire solo in casi di impossibilità assoluta, ma va considerata tale quando vi siano circostanze anormali e imprevedibili, indipendenti dall’operatore, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso.
La Corte di Cassazione, da parte sua, con le ordinanze nn. 22153 del 22/9/2017, 3049 del 8/2/2018, 8175 del 22/3/2019, 28321 del 5/11/2019 e 15415 del 3/6/2021, nel riprendere i concetti espressi dalla Corte di Giustizia, fa propria la nozione di forza maggiore in materia tributaria e fiscale in base alla quale la stessa si realizza alla sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi.
Per la Cassazione rilevano dunque non necessariamente circostanze tali da porre l’operatore nell’impossibilità assoluta di rispettare la norma tributaria bensì quelle anomale ed imprevedibili, le cui conseguenze, però, non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso.
La Corte rileva ulteriormente, sotto il profilo naturalistico, la forza maggiore una condizione la quale si atteggia come una causa esterna che obbliga la persona a comportarsi in modo difforme da quanto voluto, di talché essa va configurata, relativamente alla sua natura giuridica, come una esimente poiché il soggetto passivo è costretto a commettere la violazione a causa di un evento imprevisto, imprevedibile ed irresistibile, non imputabile ad esso contribuente, nonostante tutte le cautele adottate.
Infine afferma la necessità che la forza maggiore debba rivelarsi come una causa esterna, che obbliga la persona a comportarsi in modo difforme da quanto voluto, rilevando che le difficoltà economiche sono irrilevanti se le circostanze sono non del tutto indipendenti dalla volontà del contribuente, affermando che la forza maggiore può verificarsi solo in presenza di eventi eccezionali che determinano in modo necessario e inevitabile il comportamento del soggetto.
La “causa di forza maggiore” secondo l’Agenzia delle entrate
Vale la pena evidenziare che l’Agenzia delle entrate non esclude l’applicazione della forza maggiore a giustificazione di inadempimenti di ordine fiscale.
Infatti, con l’emanazione della Circ. 3/4/2020 n. 8/E, il braccio operativo del Ministero dell’Economia e delle Finanze si è pronunciata sulla “causa di forza maggiore” riconoscendone l’insorgenza con l’attuale emergenza epidemiologica come “elemento oggettivo” mentre per la verifica dell’ “elemento soggettivo” rimanda alla valutazione caso per caso da parte dei suoi funzionari:
Inoltre, con risposta ad Interpello n. 485 del 19/10/2020, l’Agenzia delle entrate ha affermato che “Ricorre … il caso della forza maggiore quando si verifica e sopravviene un impedimento oggettivo non prevedibile e tale da non poter essere evitato, vale a dire un ostacolo all’adempimento dell’obbligazione, caratterizzato da non imputabilità alla parte obbligata, inevitabilità e imprevedibilità dell’evento.”
In sintesi, l’Amministrazione finanziaria ammette quale esimente sanzionatoria l’avveramento di un ostacolo all’adempimento dell’obbligazione, caratterizzato da non imputabilità alla parte obbligata, caratterizzato dall’inevitabilità e imprevedibilità (di quell’evento).
Conclusioni
Quali, allora, i casi in cui potrebbe essere invocata la non sanzionabilità di inadempimenti fiscali?
Se da un lato lo stato d’emergenza conseguente al “Coronavirus” è generalmente accettata come elemento oggettivo, dall’altro canto occorre valutare i comportamenti, da provarsi dal punto di vista soggettivo, relativamente alle azioni, anche infruttuose, per il reperimento delle risorse necessarie a consentire il corretto adempimento delle obbligazioni tributarie.
Da una rassegna giurisprudenziale emerge specificamente che costituisce causa di forza maggiore:
- la crisi del settore (perdita dell’unico cliente in ambito tessile);
- l’omessa esportazione entro i termini di legge in quanto nello Stato di destinazione era in corso una rivoluzione;
- l’inosservanza di adempimenti fiscali dovuta all’impossibilità di rinvenire documenti a causa del crollo di un edificio;
- la crisi di liquidità, a patto di saper dimostrare di non aver potuto adempiere a causa di un evento imprevedibile ed eccezionale nonché di aver dato prova che non sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili.
Diversamente, e con riferimento solo alla
- impossibilità di incassare crediti verso le Pubbliche Amministrazioni,
la Corte di Cassazione italiana ha assunto, prima timidamente con l’Ordinanza 17.027 del 16/6/2021 e successivamente in maniera forte con la Sentenza 11.111 del 6/4/2022, l’orientamento in base al quale un mancato/tardivo pagamento della Pubblica Amministrazione, potendo essere ritenuto evento prevedibile, non può essere considerato “causa di forza maggiore”, optando di derogare alla nozione “europea” della Corte di Giustizia sulla forza maggiore.
Nonostante i ritardati pagamenti degli enti pubblici si rivelino, purtroppo, la norma, occorre stigmatizzare che lo Stato in uno stato di diritto non può pretendere di convalidare un aspetto inaccettabile di sé, facendolo assurgere a evento normale e quindi prevedibile, per il cui inadempimento le conseguenze sono l’assenza di una tutela che la legge pone per un simile evento.
Se tale orientamento, difforme da numerose sentenze di giurisprudenza tributaria di merito, venisse confermato, i fornitori dello Stato e dei suoi enti dovranno tener conto di non poter invocare l’assenza di sanzioni in caso di mancati pagamenti da parte del loro creditore.
Note:
[1] L’art. 4 della Legge 7/1/1929 n. 4 prevedeva che, nella determinazione di un limite massimo e minimo delle pene pecuniarie, “… si ha riguardo alla gravità della violazione e alla personalità di chi l’ha commessa.” Ed ancora che “La personalità del trasgressore è desunta dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla sua condotta. La legge stabilisce il limite minimo e massimo entro il quale la pena pecuniaria può essere applicata.”
[2] L’atto di contestazione o di accertamento con cui non viene motivata la ragione per cui si è ritenuto di irrogare la sanzione in misura superiore a quella minima (a maggior ragione se si tratta di quella massima) è nullo.