Sull’argomento sono già stati pubblicati:

 

Introduzione

Ulteriori sollecitazioni ci sono pervenute in seguito ad uno dei precedenti articoli che si prefiggeva di inquadrare metodologicamente le aree di analisi e di lavoro su cui concentrarsi nell’intraprendere un percorso impegnativo come quello della ristrutturazione della casa di abitazione.

Il presente contributo interviene sull’apertura al prossimo 15 ottobre della possibilità di ufficializzare la procedura dei bonus edilizi nei confronti dell’Agenzia delle entrate per poter avvalersi dello sconto in fattura oppure per monetizzare il credito d’imposta spettante.

Ciò non prima di un breve aggiornamento circa la sussistenza dei presupposti personali al fine di poter accedere alla agevolazione, dopo che evidentemente è stata valutata l’opportunità e l’ammissibilità (tipi di lavori sufficienti per il miglioramento dei due “salti” di miglioramento sismico-energetico) dell’intervento.

 

Considerazione preliminare

L’Agenzia delle entrate, nella funzione di “interfaccia” e rappresentante dello Stato, è uno degli interlocutori del SuperBonus 110%. L’altro interlocutore è il contribuente; imprese, professionisti e banche sono suoi corollari, services.

Romantica, si dovrebbe dire, quella predisposizione a pensare di poter “guadagnare/fare affari/trattare”, perlomeno facilmente, quando l’interlocutore è l’Agenzia delle entrate. Non perché il braccio operativo del Ministero dell’Economia “sia la legge”, ma perché costituisce -con i suoi orientamenti e determinazioni- un moloch che ha il potere di esigere un pesante sacrificio a meno che il contribuente riesca ad imporsi in sede di giustizia tributaria.

 

Il SuperBonus

L’articolo 119 del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020 (cd. “Decreto Rilancio”) introduce una detrazione nella misura del 110% per le spese sostenute al 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 a fronte di specifici interventi in ambito di recupero del patrimonio edilizio, di efficienza energetica e riduzione del rischio sismico, da ripartire in 5 quote annuali di pari importo.

Il successivo art. 121 prevede, a favore dei soggetti sostengono tali spese, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, la possibilità di cedere il credito d’imposta maturato ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

 

Ammessi i contribuenti che “possiedono redditi imponibili”

Anche se normativa, nello specifico gli artt. 119 e 121, è stata emanata il 19 maggio 2020, l’Agenzia delle entrate ha illustrato suoi “primi chiarimenti” solo il successivo 8 agosto (Circolare 24/E, la puoi scaricare QUI), la quale -affatto che chiarire- ha complicato e talvolta stravolto il tenore della norma.

Al pari dell’inspiegabile esclusione di numerosissime situazioni in cui non è tecnicamente possibile configurare la situazione di condominio per l’ammissibilità al beneficio[1], l’Agenzia delle entrate pone una griglia ulteriore per ammettere, a suo parere, chi possa beneficiare del SuperBonus: i contribuenti che “possiedono redditi imponibili”.

Il paragrafo 1.2 della Circolare tra l’altro afferma:

 

 

… Il Superbonus, inoltre, non spetta ai soggetti che non possiedono redditi imponibili i quali, inoltre, non possono esercitare l’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito. Si tratta, ad esempio, delle persone fisiche non fiscalmente residenti in Italia che detengono l’immobile oggetto degli interventi in base ad un contratto di locazione o di comodato.

 

Poiché non è astrattamente sufficiente la condizione di contribuente (residente fiscale italiano) per potersi considerare titolare redditi imponibili e soddisfare la condizione soggettiva per poter godere dei bonus edilizi, occorre quindi preliminarmente verificare in quale misura la sussistenza di redditi ad imposizione “sostitutiva” possano soddisfare la suddetta condizione anche se non compaiono -non possono comparire, per loro natura- in dichiarazione dei redditi[2].

Mentre l’Agenzia delle entrate esclude l’ammissione al bonus per quel contribuente che sia soggetto alla cd. “flat tax delle partite IVA individuali”, parrebbe logico -in attesa magari di una conferma- sussistere margine per comprendere anche altri redditi imponibili e scongiurare una indiscriminatamente esclusione di tutti i redditi imponibili assoggettati a regimi di imposizione sostitutiva.

Si ritiene che un buon punto di connessione di esposte esigenze possa consistere nel considerare rilevanti, per soddisfare la condizione, i redditi imponibili sia soggetti a tassazione separata che quelli tassati in via sostitutiva in base ad una facoltà di opzione che, se non esercitata, sarebbero stati ricompresi nel reddito complessivo Irpef a tassazione progressiva[3].

Ulteriore preoccupazione, tutt’altro che peregrina, per via dell’approccio di contrapposizione di cui l’Agenzia delle entrate si contraddistingue, verte su quale/quali periodi di imposta con riferimento ai quali debba sussistere il “possesso di redditi imponibili”. Parrebbe ragionevole, oltre che coerente, considerare soddisfatta la condizione del possesso di redditi imponibili nell’anno d’imposta di sostenimento delle spese che danno diritto al bonus.

 

 

 

Superbonus 110%: per cessione e sconto in fattura si parte dal 15 ottobre

Comunicazione per via telematica per manifestare l’opzione finanziaria (sconto in fattura o cessione del credito)

In relazione alle possibilità di godimento alternative alla diretta detrazione fiscale deve essere effettuata una specifica comunicazione all’Agenzia delle entrate[4] adottata con Provvedimento Direttoriale 8.8.2020 n. 283847 (QUI il modulo)[5], integrato delle specifiche tecniche e apportando altresì alcune lievi modifiche al modello stesso ed alle relative istruzioni con Provvedimento Direttoriale 12.10.2020 n. 326047 (QUI qui il provvedimento)

 

 

Flash-back

Riepilogando, il beneficio del superbonus del 110% può essere usufruito in tre modi diversi, od anche in combinazione degli stessi, sui quali il contribuente deve maturare delle scelte in base a delle valutazioni che non sono solo di ordine fiscale ma anche finanziario.

 

Le possibilità

Il contribuente che sostiene le spese per gli interventi agevolati può optare per:

1°) diretto utilizzo della detrazione spettante, con l’avvertenza che è opportuno valutare la propria capienza fiscale, anche prospettica;

2°) sconto fattura, da utilizzarsi quale pagamento del corrispettivo dovuto, e fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, ai fornitori che hanno effettuato gli interventi, di importo pari alla detrazione spettante;

3°) cessione di un credito d’imposta di pari ammontare ad altri soggetti, ivi compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

 

Tempi

A decorrere dal 15 ottobre prossimo (e fino al 16 marzo 2021), è possibile effettuare la scelta tra le suddette possibilità che dovrà essere manifestata per via telematica all’Agenzia delle Entrate attraverso la compilazione di un modello stato appositamente predisposto dall’Agenzia delle entrate, denominato “Comunicazione dell’opzione relativa agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, …”.

 

Il Modello

Come sempre trattasi di un modello “insidioso”, con specificità e codici che lo rendono piuttosto specialistico, che deve essere inviato munendosi di apposito software ministeriale che, una volta superato il controllo formale, genererà il file per l’invio con estensione “.dcm”.

Da segnalare preliminarmente che il modulo, in caso di Superbonus, deve essere compilato anche dal soggetto (commercialista abilitato o caf) che appone il visto di conformità, sul quale cade l’onere di specificare diversi dati.

Si evidenzia che vanno specificati gli interventi, per i quali sono stati assegnate ben 27 distinte fattispecie e per alcune di queste và barrata l’apposita casella per indicare che trattasi di intervento “trainato”[6].

Relativamente ad ogni intervento da comunicare il modulo richiede i seguenti dati:

– importo complessivo della spesa sostenuta (nei limiti previsti dalla legge);

– anno di sostenimento della stessa.

 

 

L’opzione (“Quadro C”)

Nel quadro C viene esercitata, nel concreto, l’opzione di:

– contributo sotto forma di sconto sul corrispettivo (A), oppure

– cessione del credito (B).

e poi indicare il contributo sotto forma di sconto sul corrispettivo o il credito ceduto nella misura pari alla detrazione spettante oppure il credito residuo in caso di rate non utilizzate direttamente, che si intende cedere.

 

Dati fornitori che applicano lo sconto in fattura o degli acquirenti del credito d’imposta (“Quadro D”)

Le istruzioni specificano che tale quadro deve essere compilato “solo dopo aver acquisito l’accettazione da parte dei cessionari/fornitori”[7] ed indicare il codice fiscale del soggetto a favore del quale è esercitata l’opzione, la data di esercizio dell’opzione, nonché l’ammontare del credito ceduto o del contributo sotto forma di sconto.

È richiesto, infine, l’indicazione dell’importo dello sconto in fattura o quello ceduto nella misura pari alla detrazione spettante (oppure il credito residuo, pari alle rate non utilizzate direttamente[8]) che si intende cedere.

 

Deduzione diretta, sconto in fattura o cessione del credito: nel merito, quale scelta la più opportuna?

Verificata l’ammissibilità soggettiva (presenza dei requisiti come contribuente in possesso di redditi imponibili”) ed oggettiva (interventi che superano il test del miglioramento eco-sismico) la ricerca ovviamente volge verso la soluzione che ottimizza i vantaggi fiscali, che non può che essere “su misura”.

A tal fine, di seguito una rassegna delle caratteristiche connesse e conseguenti alle tre differenti soluzioni.

 

1°) Utilizzo diretto del bonus

Il contribuente che ha sostenuto le spese per interventi utilizza l’agevolazione sotto forma di detrazione di imposta pari al 110% della spesa sostenuta da ripartire in 5 anni nella propria dichiarazione dei redditi.

Supponiamo che il contribuente sostenga nel 2020 una spesa di 100.000 euro per realizzare un intervento agevolabile: la detrazione a cui avrà diritto detto contribuente sarà di euro 110.000 (100.000 x 110%) da ripartire in 5 anni e dunque potrà portare in detrazione euro 22.000 (110.000 / 5) a partire dalla dichiarazione per il 2020 (da presentare nel 2021), sino alla dichiarazione per il 2024 (da presentare nel 2025).  Perché il contribuente sfrutti appieno il beneficio dell’utilizzo diretto della detrazione in dichiarazione è necessario che per ogni anno l’imposta lorda autoliquidata sia uguale o superiore a euro 22.000.

Adotta questa strategia quel contribuente che possegga risorse finanziarie sufficienti per sostenere le spese dell’intervento e capienza d’imposta lorda per ciascuno dei 5 anni e che valuti l’utilizzo fiscale in dichiarazione come forma di investimento con rendimento stimabile del 2% annuo, nella considerazione che ogni 100 euro di spesa accorda un vantaggio del 10% da suddividersi in 5 anni.

Quindi il beneficio lo si può godere appieno se, anche prospetticamente nei successivi 4 anni oltre al primo, sussistano redditi sui quali gravi una “imposta lorda”[9], perché -diversamente- la quota annuale della detrazione che ecceda tale imposta lorda non può essere utilizzata in diminuzione negli anni successivi né essere chiesta a rimborso.

Occorre quindi effettuare una stima di un eventuale stato di incapienza reddituale personale, al cui verificarsi si potrebbero valutare le opzioni alternative (sconto in fattura o per la cessione del credito corrispondente alla detrazione stessa).

 

2°) Sconto in fattura

La prima alternativa all’utilizzo diretto in dichiarazione dei redditi delle detrazioni fiscali è costituita dal cd. “sconto in fattura”[10].

Con tale procedura il fornitore recupera il contributo anticipato sotto forma di credito d’imposta di importo pari alla detrazione spettante e fino a un importo massimo pari al corrispettivo dovuto, con facoltà per lo stesso di successive cessioni di tale credito ad altri soggetti, inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

Poiché lo sconto sul corrispettivo praticato dal fornitore, per interpretazione dell’Agenzia delle entrate, lo sconto praticato dal fornitore NON potrà essere superiore al 100% dell’importo della fattura, il fornitore otterrà come credito d’imposta il 110% di detto importo. L’effetto è che la maggiorazione di detraibilità fiscale pari al 10% (da cui deriva il 110% e per cui è comunemente denominato SuperBonus”)

Nel precisare che lo sconto in fattura può anche essere parziale[11], una dinamica numerica potrebbe essere rappresentata da quel contribuente che sostenga nel 2020 una spesa agevolabile di 100.000 euro alla quale corrisponda una detrazione per il suo 110% pari a 110.000 euro. Con lo sconto in fattura il contribuente salda il debito di fornitura di 100.000 euro con il proprio credito fiscale del valore di 110.000 euro, che potrà essere utilizzato e/o ceduto dal fornitore.

È la soluzione che, rispetto alle altre, non massimizza il vantaggio economico ma, in cambio, consente astrattamente di delegare gli adempimenti burocratici, veramente di grande entità e complessità.

 

3°) Cessione del credito

La seconda alternativa all’utilizzo diretto in dichiarazione dei redditi delle detrazioni fiscali è costituita dalla cessione di un credito d’imposta corrispondente alla detrazione fiscale.

Differentemente dallo sconto in fattura, la cessione del credito:

– può essere effettuata, oltre che nei confronti del fornitore che ha eseguito i lavori, con banche ed altri soggetti (persone fisiche, anche professionisti abilitati, attività d’impresa, società ed enti);

– può essere fatta anche successivamente all’utilizzo diretto del superbonus, ad esempio dal secondo anno, sulla base delle rate residue di detrazione ancora spettante;

– non sembra possibile possa essere ceduta solo parzialmente.

All’interno di questa impostazione, diversi e principali attori del mondo bancario si sono attivati velocemente per finanziare le operazioni in modo vengano rimborsati con il credito d’imposta e che al contribuente rimanga da sostenere solo le spese non incentivate.

È la soluzione che potrebbe consentire la massima soddisfazione economica a patto che possa essere portata a conclusione buone condizioni nella trattativa finanziaria di cessione del credito.

 

 

Conclusioni

Sta di fatto che il tempo scorre, ed anche se si paventa un allungamento dei termini oltre il 31 dicembre 2021, mesi preziosi sono già andati sprecati

Una norma finalmente efficace che può dare una forte spinta propulsiva all’economia, ed all’edilizia in particolare, già fortemente provata dalle contingenze del mercato e ulteriormente frenata dal fenomeno sanitario, è attualmente rallentata da prese di posizione illogiche e restrittive da parte del Ministero dell’Economia attraverso la sua Agenzia delle entrate[12].

Il tutto, a causa anche degli uffici della pubblica amministrazione in “lavoro agile”, mentre il tempo scorre e la dead line per eseguire i lavori entro il 31 dicembre 2021 si avvicina[13].

 


NOTE:

[1] diversamente da precedenti “interpretazioni”.

[2] la legislazione dell’ultimo decennio ha promosso tutta una serie di “cedolari” che ha accontentato entrambe le parti: una aliquota generalmente inferiore per il contribuente; un incasso immediato da parte dello Stato. Trattasi delle ritenute d’imposta del mondo bancario, cedolari su affitti abitativi, cedolari su plusvalenze immobiliari non d’impresa, flat tax delle partite IVA individuali.

[3] comprendendovi, in tal caso, i redditi tassati con cedolare su affitti abitativi e su plusvalenze immobiliari non d’impresa oltre che la flat tax delle partite IVA individuali.

[4] prevista dal comma 7 dell’articolo 121 (“Opzione per la cessione o per lo sconto in luogo delle detrazioni fiscali”) del Decreto Rilancio in vigore dal 19/5/2020: Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le modalità attuative delle disposizioni di cui al presente articolo, comprese quelle relative all’esercizio delle opzioni, da effettuarsi in via telematica”.

[5] per il vero sono suscettibili di opzione per la cessione o per lo sconto in fattura non sono soltanto gli sconti fiscali del cd. superbonus 110% ma anche le spese che danno diritto ad altre agevolazioni fiscali per gli interventi edilizi espressamente elencati nell’art. 121 del “Decreto Rilancio”: recuperi patrimonio edilizio, efficienza energetica, antisismici, recuperi/restauri facciate, impianti fotovoltaici, colonnine ricarica veicoli elettrici, se sostenute negli anni 2020 e 2021.

[6] ossia un intervento di efficienza energetica, di installazione di impianti fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo integrativi, oppure di installazione di colonnine di ricarica, ammesso al superbonus perché eseguito congiuntamente a uno degli interventi trainanti.

[7] a tal proposito deve ritenersi che, nel caso dello sconto in fattura, tale data coincida con quella della fattura che, di fatto, formalizza l’accettazione del fornitore. Con riferimento alla cessione del credito d’imposta la prassi va giustamente verso una formalizzazione mediante contratto contenente, tra l’altro, il prezzo della cessione del credito.

[8] in tal caso il contribuente deve anche indicare il numero delle rate residue della detrazione ancora spettanti oggetto della cessione.

[9] Le detrazioni incidono direttamente sull’imposta lorda, riducendo l’imposta dovuta dal contribuente.

[10] tecnicamente: “contributo, di pari ammontare, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto che verrà anticipato dal fornitore che ha realizzato gli interventi, a cui sarà rimborsato sotto forma di credito d’imposta”.

[11] sembrando possibile cedere a terzi la parte residua della detrazione non trasferita.

[12] i “primi chiarimenti” ricevuti con la Circolare 24/E del 8 agosto 2020 (scaricabile QUI) e delle diverse ulteriori risposte avvenute con interpello hanno ristretto l’ambito, complicato e talvolta stravolto il tenore della norma.

[13] ed anche se da più parti si paventa una proroga dei termini.

 

 

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